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REALITY Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 15 ottobre 2012
 
di Matteo Garrone, con Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone (Italia, 2012)
 
GOMORRA, il film precedente di Matteo Garrone, partiva con il piede giusto: il romanzo dall'enorme successo di Roberto Saviano, un titolo che richiamava la Napoli distrutta dalla dimensione biblica dei propri misfatti, un tema d'importanza storica per l'Italia come quello della Mafia. Anche se poi quel termine non veniva mai pronunciato nel film: la cui forza era tutta contenuta nel non detto, nell'evidenza naturale delle immagini. In un quadro d'assieme che assumeva il peso antropologico e sociale di una generalizzazione proprio nel suo rifiuto di privilegiare un filone narrativo. Tutto all'opposto di una costruzione drammaturgica alla Scorsese, di un crescendo alla IL PADRINO; di Pacino o de Niro, eroi, eventualmente loro malgrado. Il Male, la disperazione sociale di Saviano e Garrone nasceva allora dalla constatazione della cronica disgregazione del sottofondo, non da una indagine su un destino individuale.   

Non sono certo che REALITY parta con un piede altrettanto ancorato al presente: non fosse che per un tema come quello del reality show, che non solo è lungi dalla eternità drammatica di quello mafioso, ma che è stato ormai scandagliato a lungo. Tanto da convincere, a quanto pare, le micidiali audience dei vari Grande Fratello e Isola dei Famosi ad emigrare progressivamente altrove.

Non è nemmeno che Matteo Garrone sia caduto nel tranello: il suo film non è una satira ormai spuntata sulla plateale imbecillità di quelle emissioni. Ma la descrizione (accentrata stavolta sull'evoluzione di un personaggio dall'ottimo talento naturale, Aniello Arena, attualmente ancora in carcere) di una fuga dalla realtà indotta da quelle illusioni fasulle. Luciano, il pescivendolo gioviale dalla colorita famigliola nella vecchia Napoli, la serenità nell'abbraccio chiassoso con i vicini, l'agio relativo grazie ai piccoli imbrogli, la felicità fra la cartapesta dei centri commerciali, si lascerà come di dovere tentare da quel miraggio. Per risultare vittima (ed è la parte più originale della pellicola) dello stesso meccanismo che è alla base di quella deviazione televisiva: spiare, ma per essere spiato. Convinto, come si ostinerà, di essere tenuto costantemente sotto controllo dai selezionatori romani, in attesa dell'agognata convocazione. Condotto per mano a barattare la propria e già minacciata identità con quella paranoica, provocata da una rappresentazione inedita e viepiù perniciosa della realtà.

Se evita la satira, se rovescia l'approccio rispetto a GOMORRA, se privilegia i lunghi piani-sequenza sugli ambienti (esemplare quello iniziale, la panoramica sulla città che si concentra su una carrozza settecentesca per precipitarci nell'universo altrettanto assurdo dei matrimoni-show), se costruisce lo sguardo su una semplicità che vuole rifarsi alla tradizione del neorealismo (oltre che a un rimando al BELLISSIMA di Visconti?) ma nella quale fa più che capolino la tentazione felliniana e della commedia all'italiana, la regia posseduta di Garrone vuole condurci comunque al mentale del proprio protagonista. Ma, al tempo stesso, alla dimensione della favola. Certe esitazioni del film (un pò generosamente premiato a Cannes), certe prevedibilità, soprattutto nella sceneggiatura, sono dovute a questa pretesa, probabilmente eccessiva.


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